Un epilogo per: "Chi è il protagonista?"
Trent'anni fa scrissi una commedia, eppure anche oggi attuale.
Un anno fa circa la copiai su questo blog.
Poco fa ho modificato il quarto atto e aggiunto un epilogo che, a mio parere, è più importante dell'intera commedia.
Mancava ancora qualcosa di altrettanto importante?!
forse il prologo che qui ho redatto e pubblicato 'in primis' (Vedi nei post precedenti).
Dopo aver pubblicato gli atti e il prologo della mia commedia "Chi è il protagonista?", pubblico ora di seguito anche l'epilogo.
Spero così di soddisfare le richieste pervenutami.
Ogni lettore è libero di scrivere i suoi commenti o le sue critiche sotto ogni post che compariranno sullo stesso post solamente se me ne dà il permesso.
EPILOGO
scena terza
Su una veranda che dà sulla strada una signora anziana, in ombra, che quasi non si vede, che risponde alle domande di un giovane signore, vestito come un buon medico dei giorni nostri. Fuori sulla strada improvvisamente una valanga di giovani gridando vociando e cantando come i beattles del tempo nostro.
Sig. anziana. Chi sono?
Medico.
Quattro giovanotti che suonano la ghitarra, inneggiano all'amore che deve salvare il nostro mondo ridotto in malomodo! Folle di giovani li seguono entusiasti e i nostri anziani li guardano sorridendo, così le loro canzoni sono diventate popolari!
Ma io non vorrei interrompere i nostri discorsi...
Sig. anziana.
Anche mio figlio parlava spesso di ‹amore›; eppure raramente nell'intimità della nostra casa e, ancor più raramente, con gli estranei, piuttosto faceva appello alla fede per risolvere i nostri problemi. Ben presto mi accorsi che non esiste amore senza la fiducia, nè fiducia senza amore.
Medico.
Certo! si ha fiducia di qualcuno solo se lo si conosce!
Sig. anziana.
Così, proprio così
Il piu delle volte, per non dire sempre, sembrava che mio figlio conoscesse solo il ‹dover essere› delle persone e delle cose, come se si fosse dimenticato del loro esistere abituale alle volte noioso o magari fastidioso!
Ma mi devo spiegare meglio!
Generalmente gli Ebrei aspettavano un Messia nato da una vergine e avevano fiducia che sarebbe venuto, ma proprio per questo vivevano un assurdo pratico, infatti, per un verso volevano avere bambini per ottenere almeno un progenitore del Messia, per un altro verso avrebbero dovuto sapere che sarebbe nato da una vergine.
La verità invece è sempre più semplice. Io allora da poco passata la fanciullezza, non avevo questi problemi, ma un giorno, mentre spazzavo la casa, improvvisamente, la luce di una persona, anzi una persona tutta di luce, davanti a me m'illuminò di arcano e subito mi disse: "Ti saluto Maria, piena di grazioe, il Signore è con te: ecco, concepirai il Figlio dell'Altissimo!".
Quando l'angelo mi lasciò, io ormai ero un'altra persona. Come prima ero stata il ‹dover essere› di me stessa, dopo ero l'‹essere-incarnata-di-mio-figlio›. In quel momento mi accorsi di amare perché avevo fede e di aver fede perché ero la madre di Dio. Improvvisamente cominciai a capire che portavo nel mio cuore un amore senza limiti e nel mio seno una responsabilità senza confronti.
Trent'anni dopo tutta un'altra esperienza.
I miei parenti e i parenti di mio figlio, lasciarono il paese per andare a cercarlo e per ridurlo a più miti pretese, perché dicevano che era diventato matto. Io che mi ricordavo di come già altre volte ancora altre persone mi avvevano tacciato di pazzia, quando dovetti confessare d'essere madre, eppure vergine, non li lasciai partire da soli, per cercare con la mia presenza che evitassero, loro e non Gesù, di far pazzie; quando arrivammo da lui, ci trovammo davanti una folla di gente senza numero che lo attorniavano e, proprio per questo, non arrivarono nemmno al suo cospetto. Gesù non ricevette nemmno me e io fui contenta di essergli lontana insieme ai miei parenti, prima inferociti, poi sorpresi, ora galvanizzati. In quel momento si ripeteva un'altra situazione assurda: Quella di una umanità che aspettava un mondo nuovo con la rabbia in corpo, oppure con la sorpresa in volto; ma Gesù, immerso nella calca, sembrava dire, anzi disse. "Ecco mia madre: è questa folla che ha fede nella volontà e nella potenza di Dio".
Tra quelle persone non saranno mancati alcuni che avranno pensato che il fare opere che Dio vuole equivale a vivere una sorta di pazzia, eppure non mancheranno mai persone che pur di fare la volontà di Dio siano persino pronti a compiere miracoli.
Medico.
Effettivamente è più miracoloso far sempre la volontà di Dio che non qualche volta un miracolo strepitoso. Oggi noi sappiamo che perfino nei mammiferi la stessa partenogenesi non è impossibile. D'altra parte Gesù ha fatto numerosi miracoli e, uno di questi, a Cana di Galilea, perché lei stessa lo ha richiesto.
Sig. anziana.
è stato così...
Entrano in scena numerose comparse.
... ma chi sono questi altri?Medico.
È una manifestazione politica. La gente incolpa il governo della crisi economica e chiede un rimedio, forse con più rabbia che non speranza, ma certamente per sfogarsi, se può almeno protestare...
Ma io la prego di continuare.
Sig. anziana.
Quando mi accorsi che mancava il vino sulla tavola del banchetto degli sposi, mi ricordai che durate tutta la vita non mi era mai mancato il necessario. Era stato per l'intervento di mio figlio o per quello di suo Padre? In casa si lavorava tutti senza illusioni e non senza impegno, ma non ci mancò mai la fede. Così dissi: "Non hanno vino!", perché ogni mamma, se è sola, va dai figli a chiedere aiuto.
È così, basta chiedere aiuto a chi lo può dare e io ero sicura che il Figlio del Padre non lo poteva mancare.
Mi spiego meglio.
Mio figlio non mi ha mai disobbedito anche quando io non sapevo cosa comandargli.
Era così ed è ancora così.
Una mamma nei primi giorni dopo la nascita del suo bambino anche quando sembra dormire è sempre al suo servizio: risponde subito alle sue necessità, ancor prima di essere chiamata da un suo strillo; si dimentica di tutto, non della sua creatura. Allo stesso modo, ma viceversa, non può vivere senza di lui. Può succedere che egli, quando poi diventa grande, ha bisogno di un aiuto, oppure al contrario che lei ha bisogno di essere aiutata; ebbene, sia che aiuti il figlio sia che abbia bisogno un aiuto è sempre di primo acchito da e per il figlio e non ha alcuna vita senza di lui. Il mio Gesù è sempre stato per me e io sempre per lui. Quante volte ho sentito successivamente i suoi discorsi fatti alla gente che lo ascoltava. Egli diceva io sono la vite e voi i miei tralci e io pensavo: Gesù è la mia vite, infatti, quando mai non mi sono sentita un suo tralcio? Egli aveva bisogno e io avevo bisogno, io avevo bisogno e mi accorgevo che egli aveva già preso questo bisgno su di sé.
Per spiegarmi meglio io avevo qualcosa: ecco era per Gesù, lui aveva qualcosa, ecco era per darlo a me. Non era lui che aveva bisogno, ma se lo aveva, era per darmi la possibilità di aiutarlo e se io avevo bisogno era perché potessi far quel che mancava insieme a lui. Ebbene come egli è mio figlio e io non ne ho altri, così egli è il Figlio del Padre e, come io ero il suo tralcio, così egli è la manifestazine dell'onnipotenza del.Padre. Solo in questo modo mi rendevo conto di aver fede in lui e mi sembrava logico chiedergli dei miracoli, che miracoli non sono se invece questo amore diventa abituale ed è sempre di lui per me e di me in lui.
Vedi, Luca, ti dico di più.
Gesù parlava alle folle e diceva a tutti: "Voi siete i miei tralci, uniti, o recisi, che siate". Alla fine della sua vita in terra disse agli apostoli: "Voi siete i miei amici, e io vi ho dato tutto quello che il Padre ha dato a me, ebbene, io sarò sempre con voi se vi amerete l'un l'altro". Io penso che in quel momento aveva trasferito la sua casa in mezzo agli apostoli, o meglio aveva trasferito gli apostoli in paradiso.
Tu mi dirai: "Ma Maria tu sei qui su questa terra! Non sei in paradiso", e io ti rispondo: "Non è forse vero che oggi siamo qui tra noi almeno un poco già in paradiso!"...
Ritorna la gente sulla stada e ricompare il frastuono della folla, mentre si sfuoca l'attenzione sui personaggi di Maria e di Luca.
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